02 aprile 2006

- Da "La Stampa" del 30-3-2006 -

Vigile spara in testa a un ragazzo
Cingalese fermato sulla sua auto da una pattuglia: è clinicamente morto

COMO. Un ragazzo di 19 anni è stato ridotto in fin di vita ieri pomeriggio su un marciapiede di Como, colpito alla testa da un vigile urbano. Il proiettile, sparato da una distanza di due-tre metri, ha trapassato il giovane dalla nuca alla fronte e si è perso sull'asfalto della strada provinciale che porta da Como a Lecco. Il giovane, dichiarato clinicamente morto - i medici dell'ospedale Sant'Anna di Como hanno avviato il conteggio alla rovescia per l'espianto degli organi alle 19 - è un immigrato di seconda generazione proveniente dallo Sri Lanka, Raigama Achrige Rumesh Ku. Non aveva precedenti penali. Fino a ieri notte Mariano Fadda, il magistrato che procede sulla morte di «Ganesh» - come lo chiamavano tutti nel quartiere in cui era cresciuto - procedeva nei confronti del vigile Marco Dainati, 39 anni, con l'accusa di lesioni personali gravissime, ipotesi di reato destinata a non mutare almeno fino a stamattina. Nel frattempo ha avuto il tempo di ricostruire l'operato della pattuglia di vigili, composta da tre agenti, assegnati al «nucleo investigativo» del corpo di polizia locale, una sorta di piccola squadra mobile che si dedica alla lotta contro le scritte e i graffiti spray.

E sarebbe stato proprio un «writer», già denunciato per danneggiamenti, individuato tra i quattro passeggeri dell'auto di Ganesh, ad aver provocato la curiosità della pattuglia, che un quarto d'ora prima delle 17 di ieri ha intimato l'alt alla Fiat Bravo del cingalese, a pochi metri da un semaforo. Due minuti dopo il giovane era sul marciapiede, agonizzante. Almeno tre i testimoni che hanno assistito alla tragedia: si tratta di due automobilisti di passaggio, immediatamente prelevati dai carabinieri, e di un agente della polizia, che stava facendo footing. E' stato proprio il poliziotto a immobilizzare e disarmare il vigile urbano che ha sparato. Sulle prime, probabilmente, non ha nemmeno capito che stavano operando agenti di polizia locale, perché il «nucleo anti-writer» agisce in borghese e su auto-civetta.

Il poliziotto ha deposto in procura per circa due ore: avrebbe spiegato di aver visto i vigili intimare ai cinque ragazzi, armi in pugno, di scendere dall'auto e di mettersi spalle contro il muro di una casa. Sarebbe stato in quel momento che «Ganesh» avrebbe abbozzato un tentativo di fuga. I due automobilisti sentiti in serata dal magistrato, invece, alla fuga non avrebbero fatto cenno e il magistrato sembra propendere per questa versione, anche perché, diversamente, il comportamento del ragazzo risulterebbe incomprensibile. Dainati avrebbe quindi alzato l'arma, una calibro 9, e sparato, quando ancora i ragazzi erano con le spalle al muro. Un colpo accidentale, forse. Certamente la pistola era senza sicura. Agli atti anche la dichiarazione di Nadir, uno dei quattro amici di Ganesh, tutti minorenni. Secondo il ragazzo, il vigile avrebbe spintonato l’amico contro il muro, mostrandogli la pistola: «Guarda qui», avrebbe detto il vigile. Poi è partito il colpo. Mentre Ganesh si accasciava, Dainati si sarebbe rivolto verso i colleghi, mormorando: «Ho sbagliato». Poco dopo i quattro amici di Ganesh si sarebbero scagliati sul vigile ormai immobilizzato dal poliziotto, senza reagire. Momenti di urla e insulti: «Bastardo cos'hai fatto, ti ammazzo». Poi l'arrivo dei carabinieri, il sequestro delle tre pistole dei vigili, la corsa dell'ambulanza verso l'ospedale, la madre di Ganesh che sviene mentre i medici le chiedono l'autorizzazione all'espianto degli organi.

Il nucleo «anti-writer» ha fatto parlare di sé, nei tre anni della sua costituzione. Voluto dall'assessore alla polizia locale Francesco Scopelliti, di An, ha ottenuto il plauso dei rappresentanti della piccola proprità edilizia e un premio dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, per operazioni di polizia giudiziaria che hanno portato alla denuncia di decine di graffitari, poi costretti a patteggiare condanne in tribunale per danneggiamento. Non mancano però i detrattori, che contestano metodi definiti sbrigativi e l'opportunità di contestare a ragazzi poco più che maggiorenni reati quali l'associazione per delinquere, grazie alla quale sono state compiute decine di perquisizioni domiciliari alla ricerca di bombolette e foto dei graffiti.

"La Stampa" 30-3-2006

1 commento:

..::MaRiCa::.. ha detto...

che schifo..CHE SCHIFO